La radioattività naturale

Come tutte le grandi scoperte, i raggi X stimolarono subito una numerosa serie di ricerche soprattutto allo scopo di determinare la natura e l’origine della radiazione di Röntgen. Nel 1896 Becquerel, mentre cercava di evidenziare la possibile emissione di raggi X da parte di alcuni metalli resi fluorescenti dalla luce, scoprì quasi casualmente che i sali di uranio avevano la proprietà di annerire le lastre fotografiche anche quando le lastre erano completamente racchiuse dentro un involucro opaco alla luce. Intuì che l’annerimento delle lastre doveva essere provocato da qualche radiazione emessa spontaneamente dall’uranio. La scoperta di Becquerel fu in seguito chiamata radioattività naturale e fece sì che un gran numero di ricercatori si interessò subito dei problemi connessi con le misteriose radiazioni.

I primi importanti risultati furono raggiunti da una giovane studiosa di chimica di origine polacca, Marie Sklodowska Curie, e da suo marito Pierre Curie, che, studiando le radiazioni emesse dalla pechblenda (un minerale che contiene uranio), scoprirono nel 1898 che gli elementi presenti nel minerale, come il radio, il torio e il polonio, avevano la stessa proprietà di emettere spontaneamente le radiazioni.

Nel 1905 venne eliminata l’apparente contraddizione tra questi fenomeni e il principio di conservazione dell’energia grazie all’elaborazione della TEORIA DELLA RELATIVITA’ di Albert Einstein in base alla quale una data quantità di materia può trasformarsi in energia "scomparendo" come materia e "ricomparendo" come energia (e viceversa). Secondo questo principio è sufficiente la scomparsa di una piccolissima massa per ottenere un enorme quantità di energia.

 



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