La meccanica quantistica e la filosofia
 

Se le prime teorie fisiche moderne presentavano molteplici aspetti innovativi rispetto alla concezione meccanicistica dominante all'inizio del XIX secolo, esse conservavano pur sempre un carattere che era stato considerato, anche entro culture assai antiche come l'aristotelismo, l'essenza stessa della scienza: tali teorie si fondavano sulla convinzione che la natura fosse retta da leggi rigorose, deterministiche, di portata universale. La scienza doveva quindi innanzitutto caratterizzarsi per la ricerca di un determinismo negli eventi naturali, al di là delle differenti forme che tale determinismo poteva assumere. La teoria atomistica del Novecento, detta meccanica quantistica, ha messo in discussione anche questo pilastro rimasto saldo per millenni. proponendo una scienza che si occupa di corpi che non sembrano essere soggetti al determinismo e non sembrano obbedire a leggi rigorose.

La quantizzazione dell'energia rappresentava una brusca rottura con la millenaria convinzione circa la sostanziale continuità dei processi naturali. L'antica massima secondo cui "la natura non fa salti" era manifestamente violata dal comportamento dell'elettrone che, nel modello di Bohr, mutava il proprio stato con repentine discontinuità, con salti quantici.

Pur problematico dal punto di vista della rappresentazione concettuale e modellistica, l'atomo di Bohr era comunque riuscito a rendere ragione, in particolare, di alcuni caratteri dei dati della spettroscopia che altrimenti sarebbero apparsi non collocabili entro una qualche teorizzazione; e il modello di Bohr rimase il punto di riferimento fondamentale per gli studi sui modelli atomici per circa un decennio, dando origine a una impostazione dei problemi della fisica degli atomi che gli storici chiamano "vecchia meccanica quantistica". La nuova meccanica quantistica venne elaborata in pochi anni, tra il 1924 e il 1927, con il contributo di vari studiosi (De Broglie Heisenberg, Born, Bohr, Schroedinger), che partivano da prospettive anche profondamente diverse tra di loro. I fondamenti teorici elaborati in quegli anni hanno rappresentato il pilastro su cui è stata costruita tutta la fisica atomica del Novecento.

La nuova meccanica quantistica suscitò un dibattito scientifico e filosofico amplissimo, in quanto presentava aspetti concettuali che rivoluzionavano concezioni scientifiche, ma anche concezioni del senso comune, consolidate da secoli di storia. Due, in particolare, furono gli aspetti sui quali si focalizzò la discussione: la natura statistica della nuova fisica e il dualismo tra onde e corpuscoli che essa introduce.

La teoria quantistica non è in grado di determinare con precisione il comportamento di una particella atomica, per esempio di un elettrone; essa può soltanto effettuare una previsione statistica circa il suo movimento in determinate condizioni. L'elettrone sembra non essere soggetto a leggi rigorosamente deterministiche, appare dotato di una sorta di "capacità di scelta" tra vari percorsi possibili (molti parlarono di "libero arbitrio"). Questa caduta del determinismo mise in difficoltà l'ideale di scienza che aveva dominato sin da Aristotele, ideale secondo il quale la scienza è conoscenza dell'universale e si esprime secondo leggi che non ammettono eccezioni; proprio per questo motivo, grandi scienziati come Einstein, Planck e Schroedinger si rifiutarono di ammettere che la nuova fisica fosse una teoria scientifica completa, definitiva, non superabile da una ulteriore teoria atomistica che ripristinasse il determinismo degli eventi naturali. Questi critici finirono però per essere tacitati dai crescenti successi della meccanica quantistica e si affermò, dell'indeterminismo atomistico, un'interpretazione che si fondava sulle concezioni di Heisenberg.

Per Heisenberg i gravi problemi interpretativi che si associavano alla meccanica quantistica dipendevano dall'abitudine a usare immagini ricavate dal mondo dell'esperienza macroscopica per rappresentare gli oggetti del mondo atomico. Per esempio, quando si rappresenta un elettrone rotante attorno a un nucleo atomico usando l'analogia di un satellite che gira attorno a un pianeta, sorgono questioni irrisolvibili quali quella posta dalla domanda: "Come fa un elettrone a passare da un'orbita a un'altra senza passare per le orbite intermedie?". L'esperienza non ci fornisce però alcuna informazione su un concetto quale quello di "orbita" di un elettrone, il cui movimento non si può in alcun modo seguire passo passo come si fa con la Luna. Che senso ha parlare allora di grandezze delle orbite o di forma delle orbite quando queste sono al di là di ogni esperienza possibile? Dal punto di vista scientifico, nessuno. Meglio allora rinunciare a ogni visualizzazione, a ogni rappresentazione modellistica degli oggetti atomici per limitarsi a trattare teoricamente solo di quei dati circa tali oggetti che l'esperienza ci consente di raccogliere - per esempio frequenze di radiazioni emesse e intensità luminose -. Proprio prendendo in esame quello che l'esperienza ci permette di dire attorno agli oggetti atomici. Heisenberg giunse a esprimere il principio basilare della propria interpretazione, il principio di indeterminazione.

Se si considerano le esperienze che ci permettono di ottenere informazioni sugli oggetti atomici partendo dai principi della nuova teoria. ci si trova di fronte costantemente a una conclusione che è assolutamente nuova rispetto alla meccanica classica. Nella meccanica classica è possibile prevedere il comportamento futuro di un corpo se si conoscono in un dato istante delle informazioni sul suo stato, due cosiddette coordinate canoniche. Le più semplici tra queste coppie di coordinate sono la posizione e la velocità. Nelle esperienze che riguardano gli oggetti macroscopici si era sempre ammesso che fosse possibile assumere informazioni empiriche circa le coordinate canoniche senza perturbare lo stato degli oggetti in esame: si ammetteva. per esempio, che si potesse misurare in un certo istante la posizione e la velocità di un corpo con precisione grande a piacere senza alterare il suo movimento. Se invece di considerare un corpo macroscopico si considera un oggetto atomico ciò non risulta più possibile: non è possibile misurare con precisione grande a piacere le coordinate canoniche di un oggetto atomico.
Nel caso di un elettrone in movimento, per esempio, i tentativi di misurante posizione o velocità alterano inevitabilmente il suo stato di moto a causa della quantizzazione dell'energia tanto delle particelle quanto delle radiazioni luminose, quantizzazione che impedisce che si possa rendere piccolo a piacere il disturbo prodotto dalla interazione tra particella e apparato di misurA.

Questa perturbazione avviene in modo tale che se si cerca di diminuire l'incertezza della misurazione di una delle due coordinate, si interagisce con l'elettrone in maniera da aumentare l'incertezza con la quale si può misurare l'altra coordinata. La precisione nella misurazione di una coordinata canonica va necessariamente a discapito della precisione nella misurazione dell'altra. Per esempio se si cerca di determinare con precisione assoluta la posizione di un elettrone in un dato istante facendolo scontrare con una lastra fotografica che ne registra l'arrivo, l'urto con la lastra consente effettivamente di annullare l'incertezza circa la misurazione della posizione, ma contemporaneamente altera del tutto il movimento della particella e dunque preclude la possibilità di ottenere informazioni su quella che era la velocità dell'elettrone nel momento in cui giungeva sulla lastra.
L'indagine sulle procedure sperimentali possibili per gli oggetti atomici condusse perciò Heisenberg a enunciare un principio di indeterminazione: nella misura delle coordinate canoniche di un oggetto atomico l'incertezza dei risultati di misura non si può rendere piccola a piacere. Il prodotto delle incertezze nelle misurazioni delle coordinate canoniche non può scendere sotto un limite inferiore. Perciò la diminuzione dell'incertezza, ovvero l’aumento di precisione nella misurazione di una coordinata, provoca necessariamente un aumento di imprecisione nella misurazione dell'altra. Non è possibile conoscere contemporaneamente con precisione assoluta i valori di due coordinate canoniche.

Il principio di indeterminazione spiega, per Heisenberg, la natura statistica della nuova teoria, l'apparente caduta del determinismo. Infatti. se non siamo in grado di avere informazioni precise sullo stato di un oggetto, non potremo neppure fare previsioni precise sul suo comportamento futuro. La meccanica classica compie previsioni deterministiche solo a patto che siano disponibili informazioni sui valori delle coordinate canoniche dell'oggetto in esame in un dato istante e ammette che sia sempre possibile ottenere simili informazioni. Il principio di indeterminazione stabilisce invece l'impossibilità di conoscere con precisione le coordinate canoniche e dunque esclude che si possa prevedere con precisione il futuro comportamento di un oggetto.

È il disturbo provocato dagli apparati di misura sulle particelle a impedire di conoscere le coordinate canoniche, è l'interazione tra oggetto e apparato di osservazione a generare un comportamento apparentemente indeterministico degli oggetti microscopici; sarebbe però insensato, prosegue Heisenberg, porsi la questione di come si comportino questi oggetti quando nessuno li osserva, quando nessuno strumento li disturbi, e chiedersi se in realtà il loro comportamento è di tipo deterministico oppure no, in quanto è evidente che lo scienziato non ha nulla da dire circa quello che fa la natura allorquando nessuno la osserva. Limitandosi a quel che dicono le esperienze, la scienza non può far altro che sottolineare come nel mondo atomico le esperienze non consentono di misurare con precisione quei dati che sarebbero necessari per poter effettuare una previsione deterministica E lasciare ad altri l'onere di discutere se la natura sia o no "in se stessa" intrinsecamente deterministica.
 



Sommario