Un esempio di applicazione del principio  

Consideriamo un elettrone in un atomo. Concepire l’elettrone come una particella classica, il cui moto può essere seguito istante per istante, implica che si possano determinare simultaneamente la sua quantità di moto e la sua posizione su distanze molto più piccole che per un corpo macroscopico. Per esempio, l’incertezza Dx di una coordinata dovrebbe essere dell’ordine di 1 pm o minore, perché le dimensioni di un atomo si aggirano sui 100 pm. Nello stesso istante si dovrebbe determinare una componente della quantità di moto, per esempio px, con un’incertezza Dp, che fosse una piccola frazione di px.

Utilizzando una radiazione di piccola lunghezza d'onda, cioè con elevata frequenza, possiamo determinare in modo sufficientemente rigoroso la posizione x dell'elettrone. Nello stesso tempo, però, la radiazione incidente, interagendo secondo l'effetto Compton con l'elettrone, fa variare in modo imprevedibile la velocità e quindi l'impulso p, così che la relativa indeterminazione Dp risulta tanto più forte quanto più esatta è la misura della posizione.

Per evitare o ridurre l'effetto Compton, cioè allo scopo di rendere minima la perturbazione sul moto dell'elettrone, possiamo utilizzare una radiazione di piccola frequenza. Però, essendo in tali condizioni la lunghezza d'onda molto grande, a causa degli inevitabili e marcati fenomeni di diffrazione, non possiamo più rilevare con esattezza la posizione della particella.
Se si tenta di rendere minime le incertezze Dx e Dp, in misure simultanee di x e px per particelle di dimensioni atomiche, ci si trova di fronte a un aspetto fondamentalmente nuovo della natura.

Lo stesso procedimento di misura determina un limite inferiore per il prodotto DpxDx di queste incertezze.  



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