Il contenuto
Strindberg
mette in
scena la
propria
vita, tormentata ed
amara, e
ne "Il sogno", "il
suo dramma
prediletto, la
creatura
del suo
maggior
dolore", ciò è
particolarmente
evidente.
Il
drammaturgo, infatti,
rappresenta
se stesso
nei tre
personaggi
dell'Ufficiale, dello Avvocato, del
poeta e
nel personaggio
della figlia
di Indra/Agnese
si ispira
alla terza
moglie, l'attrice
Harriet
Bosse; molte
scene, inoltre, anche
quelle che
appaiono
più fantasiose,
trovano spunto
in episodi
vissuti
dallo scrittore.
In particolare, nell' opera, scritta dopo 40 giorni dalla fine del terzo matrimonio (per altro durato un mese e mezzo!) v'è il richiamo alle sfortunate esperienze matrimoniali dello scrittore, il ricordo giovanile dei suoi appuntamenti davanti a un teatro di Stoccolma con Siri von Essen, la sua prima moglie (vd. l'Ufficiale che aspetta l'amata fuori dal teatro), l'eco (vd. dialogo dei carbonai) di uno dei più profondi motivi di tormento della sua vita, quello della diversità di classe dei genitori ( a questo proposito, significativo è il titolo della sua autobiografia: "Il figlio della serva"), la polemica contro le istituzioni culturali (vd. critica del dogmatismo della teologia, filosofia, medicina, giurisprudenza) di cui è testimonianza l'intera sua esistenza. Persino il castello (titolo originario dell'opera era "Il castello che cresce") che, all'inizio, cresce come una pianta e che, nel finale, brucia, facendo sbocciare un enorme crisantemo, è autobiografico: è la caserma delle Guardie a cavallo che lo scrittore vedeva dalla sua casa.