Datazione radiometrica

Tra le conseguenze più importanti della scoperta della radioattività va annoverato il fatto che su questo fenomeno si basa un metodo effettivamente attendibile per la determinazione dell’età di rocce e minerali contenenti isotopi radioattivi: la datazione radiometrica. L’attendibilità di tale metodo è dovuta al fatto che la velocità di decadimento di un isotopo radioattivo è costante e indipendente da qualsiasi fattore fisico o chimico.

Il tempo di dimezzamento ha un valore caratteristico per ogni isotopo radioattivo e ne esprime la velocità di disintegrazione. Ad esempio, se partiamo da un grammo di isotopo radioattivo, dopo che sarà trascorso un tempo pari al suo tempo di dimezzamento resterà di quell’isotopo solo mezzo grammo; di questo mezzo grammo la metà (ossia un quarto di grammo) sarà decaduta dopo che sarà trascorso un altro tempo pari al tempo di dimezzamento, e così via.


Fig. 1
Decadimento di un ipotetico isotopo radioattivo

La figura 1 illustra il principio della datazione radiometrica nel caso di un campione di roccia contenente un ipotetico isotopo radioattivo che, con tempo di dimezzamento di 1 milione di anni, decade direttamente in un isotopo stabile. Determinando con opportune analisi la percentuale di un isotopo radioattivo ancora presente e quella di isotopo stabile già prodotto, si può risalire all’età del campione in esame. Ad esempio, se risulta che i due isotopi sono presenti in uguale quantità (cioè in rapporto 1:1), se ne deduce che è trascorso esattamente un tempo pari al tempo di dimezzamento e che, quindi, il campione di roccia ha un milione di anni; se invece si trova un rapporto tra isotopo radioattivo e isotopo stabile di 1:15, se ne deduce che il campione di roccia ha circa 4 milioni di anni. Dei numerosi isotopi radioattivi esistenti in natura, solo i cinque riportati nella tabella seguente si presentano particolarmente bene per la datazione radiometrica di alcune rocce. Quanto infatti agli altri isotopi radioattivi, o sono presenti in quantità troppo piccole, o hanno tempi di dimezzamento troppo brevi o troppo lunghi per essere effettivamente utili.
Ci si basa in genere sul rubidio-87 e sui due isotopi dell’uranio (235 e 238) solo per datare rocce vecchie di milioni di anni. Il potassio-40 ha invece un campo di impiego più vasto; infatti, anche se il suo tempo di dimezzamento è piuttosto elevato (1.3 miliardi di anni), recenti tecniche analitiche hanno rese possibile misurare perfino le piccolissime quantità di argon-40, l’isotopo stabile del suo decadimento, che sono presenti in rocce aventi un’età di solo 50.000 anni

Per datare eventi ancora più recenti ci si basa sul carbonio-14 (detto anche radiocarbonio), un isotopo radioattivo del carbonio, che ha un tempo di dimezzamento di appena 5730 anni e viene molto usato per datare avvenimenti della storia dell’uomo. Fino alla fine degli anni ’70 lo si poteva utilizzare solo per datare eventi compresi entro gli ultimi 40.000-50.000 anni; tuttavia, l’introduzione, anche in questo caso, di tecniche analitiche più sofisticate ha esteso il campo di impiego di questo "orologio": in alcuni casi si può arrivare fino a eventi di 75000 anni fa. Si tratta di un importante passo avanti, perché, a questo punto, i geologi possono datare – per esempio – molti fenomeni dell’Epoca Glaciale che per prima non potevano essere datati con precisione.

Elemento progenitore

Tempo di dimezzamento
(in anni)

Elemento figlio

Materiali datati

Carbonio-14

5730

Azoto-14 Materiali organici
Uranio-235

723 milioni

Piombo-207 Zircone, Uraninite, Pechblenda
Potassio-40

1.300 milioni

Argon-40 Muscovite, Biotite, Orneblenda, Feldspato potassico
Rocce vulcaniche
Uranio-238

4.510 milioni

Piombo-206 Zircone, Uraninite, Pechblenda
Torio-232

13.900 milioni

Piombo-208 Rocce vulcaniche
Rubidio-87

47.000 milioni

Stronzio-87 Miche, Feldispati potassici
Rocce metamorfiche

Prendiamo in esame per esempio il caso dell’uranio-238. È stato dimostrato che l'uranio-238 (238U) ha la caratteristica di emettere radiazioni a velocità costante senza essere influenzato da fattori ambientali, trasformandosi, dopo un tempo ben determinato, in piombo (206Pb).
L'uranio è stato presente, fin dai tempi della formazione della terra e in maggiore quantità rispetto a oggi, in alcuni minerali della crosta terrestre. Valutando le quantità relative di piombo e di uranio radioattivo presente nelle rocce si è potuto stabilire che esse sono tanto più antiche quanto maggiore è il loro contenuto in piombo e minore quello di uranio radioattivo.
Per esempio se in una roccia sono presenti inizialmente 100 milligrammi di 238U, questi generano per trasformazione radioattiva 10 milligrammi di 206Pb in 680 milioni di anni, venti milligrammi in 1,45 miliardi di anni, 50 milligrammi in 4,5 miliardi di anni, che è il tempo di dimezzamento dell'uranio-238, cioè il tempo necessario perché si trasformi in piombo il 50% per cento dell'uranio inizialmente presente. Conoscendo il tempo di dimezzamento dell'uranio-238, l'età della roccia può essere agevolmente calcolata determinando il rapporto tra quantità di 238U inizialmente presente e la quantità di 206Pb prodotto.
Possiamo paragonare tutto ciò a una clessidra: se noi sappiamo quanto tempo impiega la sabbia a scendere nel comparto inferiore della clessidra, il rapporto tra quantità di sabbia presente nell'uno e nell'altro dei due comparti ci permette di calcolare il tempo trascorso da quando la sabbia ha cominciato a scendere.

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Fig. 2
Formazione(A) e decadimento(B) del carbonio-14.
Un altro importante decadimento da prendere in considerazione è quello del carbonio-14 (14C). Questo elemento viene continuamente prodotto nell’alta atmosfera ad opera dei raggi cosmici (particelle a elevata energia provenienti dallo spazio esterno), i quali, colpendo i nuclei dei gas ivi presenti, li spezzano. I neutroni che così si liberano vengono assorbiti dai nuclei del comune isotopo dell’azoto (numero atomico 7, numero di massa 14), dove causano l’emissione di un protone: di conseguenza, il numero atomico diminuisce di 1 unità (passa cioè da 7 a 6) e si origina appunto il carbonio-14 radioattivo. [ fig. 2A]

Il carbonio-14 si lega immediatamente con l’ossigeno formando anidride carbonica, e, sotto forma di questo suo composto, viene incorporate dalle piante (e, attraverso queste, dagli animali) assieme al carbonio-12, l’altro isotopo, molto più abbondante e non radioattivo, del carbonio. Il risultato è che tutti gli esseri viventi contengono una piccola percentuale di carbonio-14, che però, essendo instabile, tende a decadere, con emissione di una particella b , ritrasformandosi in azoto-14 [fig. 2B]

Finché un organismo vive, il radiocarbonio che decade viene rimpiazzato da altro radiocarbonio, e quindi rimane costante in quell’organismo il rapporto tra carbonio-14 e carbonio-12. Ma, non appena l’organismo muore, la quantità di carbonio-14, non più rimpiazzato, comincia a diminuire, mentre resta costante quella di carbonio-12. Quindi, tenendo conto del tempo di dimezzamento del carbonio-14, si può risalire all’età del campione in esame misurando il rapporto tra carbonio-14 e carbonio-12. Inoltre sappiamo che il 14C decade emettendo radiazioni e trasformandosi in azoto (14N). Il suo tempo di dimezzamento è molto più breve di quello dell'uranio: 5730 anni. Per queste caratteristiche il carbonio-14 viene usato per dare un età alle ossa o altro materiale che si è fossilizzato in tempi relativamente recenti. libro_roby.jpg (11921 byte)
Fig. 3
Grafico dei tempi di decadimento del Carbonio-14. Il metodo basato sul carbonio radioattivo viene utilizzato per la datazione di rocce e di fossili fino a 30.000 anni di età.

Fig. 4
Esempio di una serie di decadimento radioattivo, quella dell’isotopo più comune dell’uranio (U92238). Si giunge a un prodotto finale stabile (Pb82206) attraverso numerosi gradini intermedi costituiti da differenti isotopi.
Anche se il principio su cui si basa la datazione radiometrica è relativamente semplice, il procedimento pratico è in realtà molto complesso, perché la determinazione analitica delle quantità presenti dei due isotopi (radioattivo e stabile) è molto delicata. La situazione è ulteriormente complicata dal fatto che in alcuni casi il decadimento dell’isotopo radioattivo non dà direttamente l’isotopo stabile, come nell’esempio ipotetico di figura 3, ma avviene attraverso tutta una serie di isotopi radioattivi intermedi, ciascuno con un proprio tempo di dimezzamento; ad esempio, nel caso dell’uranio-238, si passa attraverso ben tredici gradini intermedi costituiti da differenti isotopi prima di arrivare all’isotopo stabile piombo-206 (vedi la figura 4).
I metodi di datazione radiometrica hanno permesso di datare migliaia di eventi della storia della Terra.


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