In uno scantinato di Chicago, Fermi riesce a controllare la reazione a catena

Negli ultimi mesi del 1942, mentre venivano costruiti i nuovi laboratori, un gruppo di scienziati guidati da Fermi, in un locale ricavato sotto le gradinate di uno stadio di Chicago, stava costruendo una pila atomica o "reattore", per dimostrare concretamente la possibilità di avviare una reazione a catena e di controllarla.

Il reattore era una grande costruzione cubica di mattonelle di grafite pura entro la quale erano disposti alcuni cilindri di uranio naturale.
L’uranio naturale è per la quasi totalità composto da isotopi stabili, ma contiene anche in piccolissima percentuale un isotopo, uranio 235, che è un materiale fissile, cioè è soggetto spontaneamente a fissione, e dunque è una sorgente di neutroni che, a due per volta, dopo ogni fissione si proiettano nell’ambiente circostante.
La grafite aveva il compito di rallentare i neutroni emessi dagli atomi di uranio soggetti a fissione, in modo da renderli adatti a colpire e scindere altri atomi di uranio, dando luogo così a una reazione a catena.
Il controllo del sistema era ottenuto con delle sbarre di cadmio, sostanza capace di assorbire i neutroni liberati, immerse nella massa: estraendo le sbarre si sarebbe innescata la reazione a catena, inserendole di nuovo questa avrebbe dovuto arrestarsi.

I calcoli dicevano che la reazione sarebbe partita al raggiungimento di una certa massa del sistema uranio-grafite, detta "massa critica", circa sette metri di lato per il cubo di Fermi e collaboratori.
La massa critica fu raggiunta il 2 dicembre 1942 e tutto funzionò come previsto: non appena le sbarre di cadmio vennero estratte oltre una certa misura calcolata in anticipo, gli strumenti segnalarono un aumento di emissioni radioattive, che diminuivano quando le sbarre venivano reinserite; l’uomo aveva dimostrato di poter comandare gli atomi.

 


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